Provare ad immaginare come potrebbe essere fare un colloquio di lavoro con un robot, una volta deciso di candidarsi per un posto di lavoro ha quasi del fantascientifico nel senso comune. Però…ormai, è realtà. Ha clienti come Danone e Pwc e la sua attività sta diventando sempre più pervasiva.
E’ un’azienda che si chiama VCV e sta “sistemando” le sue intelligenze artificiali in realtà di alto livello. Per fare cosa? Colloqui di lavoro, appunto. Come se non bastasse l’ansia di dover fare colloqui a raffica con recruiter (umani) tutti necessariamente diversi tra loro e dei quali è veramente difficile a volte indovinare le intenzioni e le “chiavi” per comunicarci efficacemente, ecco arrivare l’algoritmo in grado di scegliere il lavoratore, un incubo? Forse un po’ sì.
Dal CV al riconoscimento facciale
All’inizio, è un “bot” che scannerizza i CV, migliaia di CV, tra i quali si spera ci sia anche il nostro. Una volta analizzati tutti e se si è così “fortunati” da passare questa prima selezione, l’intelligenza artificiale mette in atto una serie di pratiche che, se superate tutte, portano (finalmente) ad un colloquio con un responsabile umano. Ma quali sono queste pratiche? Andiamo per gradi.
La prima è quella di fissare un colloquio telefonico, con un robot. Ed il colloquio lo fissa proprio il robot, comunicandolo al candidato per sms. Insomma poche emozioni (nessuna), tanta efficacia. Andiamo avanti: a questo punto il sistema chiederà un video al candidato in cui quest’ultimo dovrà rispondere ad una serie di domande predeterminate. Da questo video la AI (Artificial Intelligence), studierà le espressioni del viso del candidato, i suoi movimenti, i suoi percorsi comportamentali, il suo gesticolare, per capire se possa essere adatto all’azienda per la quale si sta candidando. Magia? No, tecnologia. Forse un po’ troppa, forse no.
Finalmente un essere umano
Se si è così bravi, fortunati e tenaci da riuscire a superare tutte queste prove di una cosa che sembra quasi un film di spionaggio ma che invece non lo è per niente, allora e solo a quel punto, il sistema concede al candidato di andare a colloquio con un responsabile in carne e ossa. Ma perché tutto questo? Sicuramente candidarsi per un posto di lavoro e parlare con un robot gestito da algoritmi è una situazione nuova che, come minimo, aggiunge altra ansia a chi già ce l’ha per un colloquio tradizionale, ma la AI, va detto, toglie molto lavoro ai recruiter che a quel punto possono andare molto più sul sicuro. O almeno si pensa sia così.
Meglio o peggio?
Chi lo può sapere? Sicuramente i “bug” a livello umano, anche involontariamente, possono condizionare in modo negativo la scelta del candidato. Va però detto anche che, affidarsi quasi completamente ad un “programma”, purché in grado di imparare da solo, purché ultra-sviluppato e ipertestato, non è detto sia la soluzione ottimale. Se non altro perché anche lui è comunque progettato e realizzato da un essere umano. Sono infatti note, ad esempio, le critiche a molti dei software di riconoscimento facciale. “Come può un computer giudicare le espressioni del mio viso?” Che risultati potrebbe ottenere? Quale analisi sarebbe in grado di fare?
Se la diffusione di questo fenomeno ancora non è molto chiara, è però assodato che sia in espansione. Sempre più responsabili del personale in tutto il mondo esplorano questa possibilità e le aziende che la offrono si stanno moltiplicando a vista d’occhio. Non c’è solo VCV infatti, ma anche ad esempio HireVue. E’ possibile pensare che questo metodo di recruitment sarà quello più in voga tra i candidati della “generazione Z” (i più giovani) e magari sarà valido solo per alcuni lavori specifici e non proprio per tutti. Ma dare dei giudizi adesso è sicuramente prematuro. L’incubo di candidarsi per un posto di lavoro e parlare con un robot è comunque già tra noi. E bisognerà necessariamente farsi trovare preparati.